Noto, il cui nome venne dato dagli arabi con analogo significato che oggi viene riferito a qualcosa di celebre e si è mantenuto fino ad oggi, in origine era denominata Neai dai Siculi, Neeton dai Greci e Neetum dai Romani. Il sito originario della città si trova otto chilometri più a nord sul Monte Alveria, denominato Noto antica ed esistente già nell’Età del Bronzo (2200 – 1450 a.C.), in epoca greca (V sec. a.C.) e in epoca romana.
Nell’864 Noto venne occupata dagli Arabi del ras Khafaja ben Sufyan, che la fortificarono e la proclamarono, per la sua importanza, Capovalle nel 903 delle tre Valli con cui fu suddiviso il territorio siciliano (Val di Noto, Val di Mazara e Val Demone).
Nel 1091 venne occupata dal normanno Gran Conte Ruggero d’Altavilla e infeudata al figlio Giordano (che morirà in battaglia a Siracusa e sarà sepolto nella chiesa di Santa Maria di Mili a Messina) che farà edificare il castello e le chiese cristiane.
Durante il regno dell’imperatore Federico II di Svevia fu eretto il monastero cistercense di Santa Maria dell’Arco. Noto passò, poi, attraverso varie dominazioni (angioini, aragonesi, spagnoli) e nel 1542, così come aveva fatto con Messina, il Viceré Don Ferrante Gonzaga fortificò ulteriormente le mura cittadine.
Noto, il giardino di pietra
Il terremoto dell’11 gennaio del 1693, nel quale perirono circa 1000 persone, la rase quasi al suolo. Venne quindi ricostruita in altro sito, otto chilometri più a valle (che è quello attuale) per volontà di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, che era stato nominato vicario generale per la ricostruzione del Val di Noto.
Progettisti della nuova città a livello urbanistico furono, a vario titolo, l’ingegnere militare olandese Carlos de Grunenbergh che a Messina aveva realizzato la Cittadella pentagonale sul braccio di San Raineri; il matematico netino Giovanni Battista Landolina; il gesuita fra’ Angelo Italia; l’architetto militare Giuseppe Formenti.
Tra gli architetti che progetteranno nel corso del XVII secolo i nuovi edifici, sacri e civili, dando a Noto quella particolare conformazione che ne ha fatto la capitale del Barocco siciliano e un eccezionale “giardino di pietra” vanno ricordati Rosario Gagliardi, Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra e Antonio Mazza.
Gran parte dei palazzi e delle chiese sono ubicate lungo e nelle immediate vicinanze del Corso Vittorio Emanuele, l’arteria principale della città.
Dal suo inizio, in direzione est verso ovest, superata la monumentale Porta Reale d’ingresso, eretta nel 1838 in onore di Ferdinando II di Borbone con i simboli cittadini, si perviene a destra nella Chiesa di San Francesco d’Assisi all’Immacolata, edificata fra il 1704 e il 1745 su progetto degli architetti Vincenzo Sinatra e Rosario Gagliardi in posizione scenografica ed emergente sulla via.
Ancora a destra sorge il Monastero con Chiesa annessa del SS Salvatore, opera magistrale dell’architetto Vincenzo Sinatra dei primi decenni del sec. XVIII, il più vasto della città perché racchiude un’area compresa tra il Corso, via Dogali e Saati e la soprastante via Cavour.
Il monastero, nel ‘700, ospitava le suore che appartenevano all’alta nobiltà siciliana e continuò con questa destinazione fino al 1930, quando un incendio distrusse tutta l’ala nord-occidentale. Di fronte, a sinistra, si trova il Museo Civico ubicato nei locali dell’ex Monastero di Santa Chiara e composto di due sezioni, quella archeologica e quella artistica.
Adiacente è la Chiesa di Santa Chiara progettata da Rosario Gagliardi negli anni intorno al 1730 e completata nel 1758. Custodisce una Madonna col Bambino cinquecentesca, attribuita ad Antonello Gagini.
Proseguendo, a destra, si è davanti alla scenografia mozzafiato della Cattedrale Basilica Minore di San Nicolò, inserita nella lista mondiale dei Beni dell’Umanità dell’UNESCO ed monumento nazionale dal 1940.
Gravemente compromesso dal crollo della cupola e di due navate nel marzo 1996, l’edificio è stato riaperto al culto nel 2007 dopo 9 anni di lavori.
Fra le opere di rilievo è possibile ammirare una scultura marmorea raffigurante San Michele Arcangelo, di scuola gaginiana, un bassorilievo della Madonna delle Grazie, proveniente da Noto Antica e diverse tele del siciliano Costantino Carasi.
La cappella di fondo della navata destra custodisce la preziosa arca cinquecentesca in legno rivestito in lamina d’argento, finemente lavorata a sbalzo e cesello, contenente le spoglie del Santo Patrono della città e della Diocesi di Noto Corrado Confalonieri (la seconda chiesa più importante, per grandezza, di Noto è quella del Santissimo Crocifisso che sorge nella parte alta davanti Piazza Mazzini, opera di Rosario Gagliardi).
Di fronte, a sinistra del Corso, sorge Palazzo Ducezio sede del Municipio, progettato dal netino Vincenzo Sinatra nel 1746 che si ispirò ad alcuni palazzi francesi seicenteschi e purtroppo sopraelevato di un piano tra il 1949 ed il 1951.
All’interno è degna di nota la “Sala degli specchi”, salone ovoidale arredato con mobili in stile Luigi XV e grandi specchi scolpiti dall’avolese Sebastiano Dugo. Nella volta della sala campeggia “La Fondazione di Neas”, affresco neoclassico di Antonio Mazza che raffigura la fondazione di Noto da parte del condottiero siculo Ducezio.
A sinistra della Cattedrale e dietro il Monumento ai Caduti della Prima guerra mondiale, si trova l’imponente Palazzo Landolina di Sant’Alfano la cui facciata fu progettata da Vincenzo Sinatra e dove hanno soggiornato il Re Ferdinando II di Borbone e la Regina Maria Teresa d’Austria durante le loro visite nella città.
Ma è il Palazzo Nicolaci di Villadorata, sede della famosa “Infiorata” annuale, l’architettura civile simbolo di Noto per i fantasiosi e bizzarri balconi antropomorfi e zoomorfi.
L’interno è suddiviso in novanta vani, alcuni dei quali sfarzosamente decorati come il “Salone delle feste”, ancora abitato da alcuni esponenti della famiglia Nicolaci mentre il pianterreno è sede della Biblioteca Comunale “Principe di Villadorata” (fra gli altri palazzi, importante è il Palazzo Di Lorenzo del Castelluccio con splendide camere decorate da affreschi ed elementi decorativi settecenteschi, ambientazione di varie fiction italiane fra le quali “Il commissario Montalbano”).
Davanti al Palazzo Nicolaci si trova Palazzo Modica di San Giovanni (ospita una casa-museo dedicata a Giovanni Modica-Nicolaci) che si affaccia sia sulla Piazza Duomo e sia sulla Via Corrado Nicolaci, quest’ultima chiusa scenograficamente dalla Chiesa di Montevergine o di San Girolamo.
Il bel Palazzo Rau della Ferla che sorge dietro Palazzo Ducezio, di progettazione e costruzione tardobarocca, nel salone delle feste conserva un ciclo di importanti affreschi di scuola francese. Più avanti lungo il Corso Vittorio Emanuele, a sinistra, si erge il complesso religioso composto dalla Chiesa di San Carlo Borromeo e Collegio dei Gesuiti (oggi sede del Liceo Classico), edificato a partire dal 1730 probabilmente su progetto di Gagliardi.
Ancora più avanti, dietro la Fontana di Ercole e davanti alla Piazza XVI Maggio, la Chiesa di San Domenico rappresenta la più compiuta realizzazione del barocco netino. Annessa al Convento che si caratterizza per un bel portale bugnato a punta di diamante, fu edificata fra il 1703 e il 1727 su progetto di Gagliardi.
Accanto ad essa, ad angolo tra le vie Giovanni Bovio, Corrado Occhipinti e Cavour, sorge imponente l’edificio dell’ex Convento dei Padri Crociferi, noto anche come “Casa (o Palazzo) dei Crociferi”, che apparteneva all’ordine dei “Chierici Regolari Ministri degli Infermi”, i cosiddetti “Camilliani”.
Si tratta di una delle più monumentali architetture in stile barocco di Noto della prima metà del 1700. Davanti al complesso di San Domenico, a sinistra del Corso, si eleva il Teatro Comunale “Tina Di Lorenzo” (originariamente dedicato a Vittorio Emanuele III) ed edificato nella seconda metà dell’XIX secolo.
Chiude il Corso Vittorio Emanuele, ad ovest, il Palazzo Zappata con alle spalle la Chiesa di S. Antonio Abate e la Chiesa di Santa Maria del Carmelo, progettata da Gagliardi dalla caratteristica facciata concava.
Nino Principato