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Alla scoperta di Savoca

Lo sapevi che… a Savoca è stato girato il film “Il Padrino”? Le scene che nel film vengono ambientate a Corleone furono in realtà girate nei borghi messinesi di Savoca e Forza d’Agrò, Graniti, Motta Camastra, nonché a Fiumefreddo di Sicilia.

Francis Ford Coppola, regista designato dalla Paramount Pictures, avrebbe scelto proprio i due centri della Valle d’Agrò per ambientare le scene del suo film su indicazione del barone Gianni Pennisi, durante il soggiorno a Taormina nel 1971.

Il barone Pennisi, affermato pittore, che godeva di grande stima negli ambienti cinematografici e di rapporti di amicizia con attori e registi, segnalò a Coppola i caratteristici borghi di Savoca e Forza d’Agrò in quanto per le loro caratteristiche storico e ambientali si prestavano molto più del paese di Corleone ad immortalare il capolavoro di Coppola, ispirato all’omonimo romano di Mario Puzo, considerato da molti come il film più bello di tutti i tempi.

Inoltre, per esigenze di copione, l’antico Palazzo Trimarchi venne adibito a “Bar Vitelli”, divenuto nel tempo una delle maggiori attrazioni turistiche per Savoca e meta di numerosissimi visitatori appassionati della saga, un piccolo museo con l’esposizione dei fotogrammi.

È infatti tradizione scattare una foto di gruppo sotto l’insegna del Bar, situato in Piazza Fossìa, che ospita tra l’altro un monumento dedicato al regista italo-americano. Nel Museo comunale etno-antropologico sono conservati diversi oggetti utilizzati durante le riprese, tra cui il Ciak originale e la macchina da presa, rimasti poi nella cittadina savocese.

Savoca ha origini antiche, probabilmente risalenti ai fenici, così come pare che il colle su cui sorge sia stato sede di insediamenti umani a partire dall’età preistorica e fino alla tarda età romana; prese il nome Pentefur da una comunità di origine incerta che si stanziò in questi luoghi prima dell’anno 1000 costruendovi un castello.

Dopo la caduta dell’Impero romano, la cittadina venne colonizzata dai bizantini, che ampliarono l’area del castello a 10.000 mq. Il nome Savoca deriverebbe dalla pianta del sambuco che vi cresceva spontanea tutt’attorno.

Durante la dominazione araba Savoca ebbe un notevole sviluppo economico, sociale e urbanistico. Gli Arabi introdussero sulle colline attorno al paese nuove coltivazioni di agrumi, albicocche, canna da zucchero, ortaggi e incentivando mestieri artigianali come la tintoria.

Intorno al 1070 Ruggero II rifondò il castello e dotò la città di una nuova cinta muraria con due porte di accesso. Nel 1134 prese il titolo di Baronia e fu sede dell’Archimandritato. Il territorio di Savoca era rinomato per la produzione della seta e del vino e per la lavorazione del frumento.

Nei secoli XIV e XV furono costruite molte chiese, alcune distrutte nel terremoto del 1693 e dall’alluvione del 1880. Nel XVIII sec. subì un declino economico accentuato dallo spopolamento verso valle.

Di recente ha acquistato popolarità dal punto di vista turistico nazionale e internazionale per essere entrata a far parte nel 2001 del circuito nazionale dei Borghi più belli d’Italia, e per la notorietà derivata dal cinema tanto che sono numerosi i tour promossi dalle agenzie di viaggio e tour operator alla scoperta dei luoghi di Don Corleone.

Il centro storico di Savoca sembra non aver sofferto l’evoluzione della modernità. Per una visita del borgo, partendo da Piazza Fossìa, si attraversano i silenziosi vicoli per raggiungere l’antico quartiere San Michele, contraddistinto da un arco di accesso in pietra arenaria che fino al 1918 era dotato di una porta in ferro che in epoca medievale veniva aperta all’alba e chiusa al tramonto.

Qui si trovano: il museo etno-antropologico; la chiesa di San Michele caratterizzata all’interno da preziosi affreschi e stucchi settecenteschi; le rovine della Sinagoga, attiva fino al 1492; la chiesa di San Nicolò o di Santa Lucia, dal momento che qui sono ospitate numerose opere provenienti dalla Chiesa dedicata alla patrona distrutta nell’alluvione che colpì l’abitato nel 1880; la Chiesa dell’Immacolata oggi Centro Filarmonico sede di numerosi eventi culturali.

Proseguendo, si trova il quartiere Pentefur, dominato dalle rovine dell’omonimo castello. Nella zona sottostante il Monte Calvario, si trova il quartiere San Giovanni, in cui troviamo una casa medievale con la preziosa finestra bifora del tardo ‘400 di stile gotico-spagnolo, e la Chiesa Madre.

Nei suoi sotterranei si tramanda che venissero mummificati i cadaveri degli ecclesiastici e degli aristocratici del luogo, pratica introdotta nel XVI sec. dai Cappuccini che avevano a Savoca il loro convento.

Il procedimento durava sessanta giorni e iniziava nella cripta del Convento dei Cappuccini, dove il corpo del defunto era immerso per due giorni in una soluzione di sale e aceto, per poi passare nella cripta della Chiesa Madre, più esposta alle correnti d’aria, dove avveniva l’essiccazione naturale.

L’ultima fase consisteva nel rivestire la mummia con gli abiti dell’epoca e trasferirla nuovamente nella cripta del Convento. La mummia più antica risale al 1776. La Chiesa del Convento ospita un dipinto della Madonna di Loreto del secondo decennio del XVI sec., recentemente attribuito a Giovannello d’Itala, della scuola di Antonello da Messina.

Dal punto di vista gastronomico, il prodotto tipico di Savoca è il pane cunzatu, pane condito con olio d’oliva, peperoncino e origano, spesso arricchito da gustosi sott’oli; anche la buonissima granita siciliana al limone servita con la zuccarata, un biscotto locale, piuttosto che con la tradizionale brioche con il “tuppo” e i cannolicchi farciti con cioccolato, crema pasticcera e limone, oltre alle tradizionali paste secche alla mandorla.

La pianta di sambuco è utilizzata per la produzione di liquori e distillati tra cui il Rosolio di Sambuco e la Sambuca.

Non perdere l’occasione di visitare Savoca in compagnia di Discover Messina Domenica 22 Aprile!

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