Accanto alla Trinacria e alle Teste di Moro, il carretto siciliano è senza dubbio uno dei simboli della Sicilia più conosciuti e apprezzati in tutto il mondo nonchè elemento della tradizione folkloristica siciliana.
Il carretto siciliano è passato dall’essere un comune mezzo di trasporto, diffuso nella Sicilia dell’Ottocento e fino agli anni ’50 del secolo scorso, a una preziosa opera d’arte alla cui realizzazione artigianale partecipano diverse maestranze.
La sua storia inizia nel XIX secolo, quando nel 1830 il governo borbonico inaugurava le Regie trazzere, per il transito di greggi e mandrie, che si sviluppavano su sentieri naturali: era necessario quindi un mezzo adeguato a percorrere questo tipo di strade, spesso franose e dissestate.
Fanno quindi la loro comparsa i carretti siciliani decorati e coloratissimi, così come li conosciamo oggi, che venivano utilizzati specialmente da contadini per raggiungere i campi (carretto siciliano agricolo) e dai mercanti per trasportare le proprie merci, nonché per spostarsi di città in città in tutta la Sicilia.
I carretti siciliani sono molto diversi tra loro, e a seconda del tipo di merce trasportata si può effettuare una prima distinzione: il carretto tiralloru serviva per trasportare la terra, il furmintaru per trasportare il frumento e il vinaloru per il trasporto del vino.
Il carretto era anche simbolo di importanza sociale: più ricco e benestante era il proprietario, più ricche erano le decorazioni carretto siciliano, realizzate dai maestri artigiani. Ben presto nacquero rivalità sia tra i maestri sia tra i proprietari in quanto il carretto siciliano rappresentava, oltre allo status, un biglietto da visita.
La struttura del carretto siciliano
La struttura del carretto siciliano è costituita da diversi elementi. Le ruote misurano circa un metro di diametro, sono divise in 12 raggi, ed sono abbastanza alte in modo da permettere in passato di percorrere agevoltemente le trazzere e superare eventuali ostacoli.
La cassa (fonnu di cascia) è il vano dove veniva sistemato il carico. Questo elemento è delimitato da due masciddari, che sono le sponde fisse del carretto, e il purteddu, che è il portello posteriore removibile per agevolare il carico e lo scarico.
Tutti questi elementi sono abbelliti da riquadri o scacchi con scene di ispirazione amorosa, storica o sacro-devozionale, su uno sfondo colorato. In numerosissimi esemplari, custoditi nei Musei dei carretti siciliani, le scene prendono spunto dal ciclo dell’Orlando Furioso o dalla Cavalleria Rusticana di Giovanni Verga, ma anche dal tema dei Vespri Siciliani e delle Crociate.
Al di sotto del piano di carico sono agganciate due aste parallele che permettono il traino, e la chiave di fuso (cascia di fuso) che è la parte più importante della struttura in quanto serve a sostenere il peso, realizzata in ferro battuto, con arabeschi e decorazioni stilizzate come piccole sculture apotropaiche che allontanavano la sfortuna.
Sotto la cassa del carretto spesso era appesa una rete, che serviva ai contadini o ai mercanti per riporre il pasto da consumare durante la giornata di lavoro, che si conservava opportunamente all’ombra.
Modelli e decorazioni carretto siciliano
Oltre alla differenziazione legata all’utilizzo del carretto siciliano, a seconda della zona di provenienza geografica dell’isola, si distinguono almeno due tipologie di carretto: quello palermitano, con sfondo giallo, sponde trapezoidali o rettangolari, con scene dipinte in prospettiva bidimensionale; e quello catanese, di colore rosso come la lava dell’Etna e le sponde rettangolari, con figure decisamente più raffinate, caratterizzate dalla tecnica del chiaroscuro e in prospettiva tridimensionale.
Esistono poi due sottogeneri: quello trapanese, ispirato al modello palermitano ma con ruote più grandi; e quello ragusano, che richiama il modello catanese ma con lo sfondo di un colore più deciso, il rosso cinabro.
Una così elaborata opera d’arte non è altro che il frutto della cooperazione tra più maestri artigiani che tramandano questo mestiere di generazione in generazione.
l carradore è colui che si occupa della struttura in legno e degli intagli. Il firraru è il fabbro, che realizza la chiave di fuso e le parti in ferro come i “bulloni” delle ruote.
Infine il decoratore e il pittore si occupano di rendere i carretti siciliani decorati con colori vivaci, che caratterizzano la stupefacente bellezza del manufatto.
I carretti siciliani oggi
È possibile vedere da vicino un carretto siciliano visitando le numerose botteghe degli artigiani specializzati nella produzione dei carretti oppure i musei tematici in Sicilia, come quelli di Bronte, Terrasini e Bagheria.
A Messina si trovano collezioni private della famiglia Molonia e della famiglia Curcio (Villaggio Gesso). Inoltre il carretto sfila durante le feste profane e agro-pastorali accompagnato dai Canterini in molte città della Sicilia, ad esempio durante la parata dei Giganti Mata e Grifone del Ferragosto Messinese.
Le miniature del carretto siciliano sono presenti in ogni negozio di souvenir nelle destinazioni turistiche della Sicilia.
Di recente ha “sfilato” sulle passerelle della moda made in Italy firmata dagli stilisti Dolce e Gabbana, che hanno dedicato al carretto siciliano e ai suoi motivi unici e sgargianti la loro collezione 2016 di abbigliamento e accessori.
Il carretto siciliano, insieme ad altri simboli siciliani come il cannolo, la Trinacria, il fico d’India, è uno charm dei gioielli componibili della collezione del brand Isola Bella.
Guarda anche il video sul canale Youtube di Discover Messina Sicily: Il Carretto Siciliano.